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Ardita (Orgoglio e Identità)

La confezione nasce in pieno lockdown 2020 e abbiamo pensato che fosse Ardita, proprio l’idea di farla nascere una pasta speciale in un periodo tanto difficile. Questa si presenta con il Tricolore Italiano bordato e la Sicilia sovrastata da una Trinacria Frumentaria in bella vista. Una striscia di cartone riciclabile è da conservare, perché conterrà nella sua parte interna, diverse ricette della Tradizione gastronomica siciliana, questo per meglio valorizzare il formato di pasta da voi scelto.

L’orgoglio di esporre il “Tricolore”, non per mera ostentazione, ma per certificare una appartenenza, un voler essere riconoscibile, incontrovertibilmente Italiano e al contempo identificativo di un luogo, atavico crocevia di soprusi, di paziente e indomita volontà di superare ogni ostacolo, ogni impedimento e ogni avversità. La Trinacria con spighe di grano, la Sicilia con le sue piccole isole, che la aggraziano come le perle di collier. La Sicilia come Medusa e le sue sorelle, pietrifica di stupore e ammirazione chi ne incrocia il paesaggio. Oggi è considerata una Idea Ardita, quella di manifestare pubblicamente Orgoglio e Identità Nazionale senza incappare nel politicamente scorretto.

Ardita, il nome sembra inusuale, ma ha radici molto profonde e sconosciute nella storia Italiana, eccovi alcuni esempi.

Ardito, “semente eletta”

Il primo incrocio di successo ottenuto dal prof. Strampelli fu il grano "Carlotta", dedicato alla moglie e assistente Carlotta Parisani. La scarsa resistenza alla "siccità" di questa varietà lo condusse dopo anni di ricerche al triplice incrocio ("Rieti" + "Wilhelmina" + "Akakomugi" dal quale ottenne il grano "Ardito".

Fu la svolta: la creazione del grano "Ardito" consentì di realizzare la prima cultivar che riuniva tutti i caratteri desiderabili dei vari grani del tempo: il "Rieti" era infatti resistente alla ruggine, l'olandese "Wilhelmina Tarwe" aveva un'alta resa per ettaro e infine il grano rosso giapponese ( 赤小麦, Akakomugi) - era resistente all'"allettamento" per lo sviluppo breve del fusto e grazie alla sua maturazione precoce sfuggiva alla "siccità". L'introduzione delle varietà a basso fusto tramite il gene Rht8 proveniente dall'"Akakomugi" è considerata una delle più importanti mutazioni del grano indotte nel XX secolo[1].

Dal successo dell'"Ardito" Strampelli proseguì realizzando oltri ottocento incroci, dei quali una sessantina di valore commerciale.

Sulle sue sementi - inizialmente osteggiate per l'atteggiamento conservatore della cultura contadina - puntò invece Benito Mussolini, che ne aveva colto il valore fin dal 1925. Con lo scopo di far raggiungere all'Italia l'autosufficienza nella produzione cerealicola, il dittatore lanciò la cosiddetta "Battaglia del Grano", con la quale le "sementi elette" vennero diffuse grazie ad una capillare opera di propaganda e di istruzione. Vennero raddoppiati gli stanziamenti per la sovvenzione delle Cattedre ambulanti che furono tutte motorizzate affinché potessero recarsi anche nelle località più remote a fare istruzione e propaganda. Cinque milioni di lire del 1925 vennero erogati agli Istituti Sperimentali perché intensificassero gli studi. Altri cinque milioni furono assegnati direttamente alla sovvenzione e alla diffusione delle varietà nuove di grano e furono istituiti mille posti di selezione del grano da seme allo scopo di raffinare la semente. Per intensificare la propaganda a favore delle nuove cultivar furono realizzati migliaia di campi dimostrativi in tutto il Paese dove far vedere ai contadini l'efficacia delle "sementi elette" direttamente in pratica.

Nel giro di un decennio le sementi Strampelli erano le cultivar più diffuse nel Settentrione del paese. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, anche il Mezzogiorno - dove più lenta era stata la penetrazione delle nuove tecniche produttive a causa della resistenza o dell'incuria dei latifondisti reazionari - aveva ampiamente adottato queste varietà. È stato sostenuto che le "sementi elette" abbiano consentito all'Italia di superare la crisi del conflitto mondiale senza subire le catastrofiche carestie che invece avevano colpito altri paesi, come la Grecia.

Nel dopoguerra diversi paesi mondiali avevano introdotto le varietà Strampelli, fra cui la Cina, l'Argentina, il Messico, il Portogallo e la Jugoslavia. In altri paesi a partire dalle esperienze di Strampelli erano state realizzate cultivar locali, come in URSS e Australia. Dal Messico - dove lavorava l'agronomo Norman Borlaug - la presenza di coltivazioni di grani Strampelli, consentì allo scienziato americano (che tuttavia era all'oscuro delle ricerche del suo predecessore italiano) basi su cui realizzare la cosiddetta Rivoluzione verde degli anni Sessanta.

Caratteristiche

Vennero ottenute in massima parte per ibridazione con lo scopo di selezionare i caratteri desiderabili delle diverse varietà di frumento. Oltre a perseguire una maggiore produttività per ettaro ottenuta non solo riducendo l'impatto di questi flagelli sulle coltivazioni, ma anche selezionando le varietà più fruttifere In particolare Strampelli si impegnò sui seguenti obbiettivi immediati:

  • la ruggine bruna, per la quale ricercò varietà resistenti ai funghi che ne sono causa;
  • il cosiddetto "allettamento", contro il quale puntò ad una riduzione dell'altezza relativa delle spighe;

la "stretta", causata dalla siccità e dall'aumento repentino delle temperature nel periodo finale del riempimento delle cariossidi, per evitare la quale puntò alla precocità di maturazione del seme.

Ardita 2500, è stata anche un'autovettura di lusso prodotta dalla Fiat dal 1934 al 1936.

Questa vettura fu la terza della gamma Ardita, che comprendeva già la 518 con le sue due motorizzazioni:

La 1750 aveva installato un motore da 1758 cm³ di cilindrata a quattro cilindri 

sviluppante 40 cv a 3600 giri/min;

La 2000 aveva montato un motore da 1944 cm³ da 45 cv di potenza.

La 2500 è stata invece fabbricata dal 1934, ed era equipaggiata da un motore in linea a sei cilindri da 2516 cm3, erogante 52 cv, con valvole in testa. Aveva un solo carburatore. Il cambio era sincronizzato a quattro rapporti ed era a trazione posteriore. I freni erano sulle quattro ruote, mentre il freno di stazionamento era sull'albero di trasmissione. L'accensione era a batteria. È stata commercializzata nelle versioni berlina ed S (sport, con motore potenziato a 60 cv a 3800 giri/min), tutte e due con un passo di 3170 mm.

La velocità massima era di 110 km/h per la versione berlina e 115 km/h per la S.

Ne sono stati fabbricati più di 1000 esemplari: non è mai stata costruita in paesi esteri.

ARDITA, CHI ERANO GLI ARDITI?

Gli Arditi sono le prime forze speciali (Reparti d’Assalto) dell’arma di fanteria del Regio Esercito italiano costituite durante la Grande Guerra del 1915-1918. La loro nascita dà una scossa alla logorante e statica guerra di trincea rivoluzionandone le modalità operative.

La Fondazione dei Reparti d’Assalto

La nascita degli Arditi è dovuta da un lato al risultato delle sperimentazioni di alcuni brillanti ufficiali italiani stanchi della guerra di trincea, dall’altro alle informazioni carpite al nemico (gennaio 1917) sulla formazione nelle file austro-ungariche di speciali truppe d’assalto(Sturmtruppen) mutuate dall’esercito tedesco.
A seguito di questa scoperta, il 14 marzo 1917 il Comando Supremo invia la circolare n.6230 in cui comunica ai Corpi d’Armata l’esistenza di questi reparti d’élite austro-ungarici:

“Comunico alcune notizie relative alla costituzione ed all’impiego dei riparti d’assalto presso l’esercito austro-ungarico, affinché la conoscenza dei metodi d’azione seguiti dall’avversario offra il mezzo, non solo di opporvisi con adeguati procedimenti, ma altresì di adottare, ogni qual volta se ne presenti la convenienza, analoghi sistemi. (…)
I metodi seguiti dal nemico vanno però tenuti presenti non solo per provvedere in guisa da renderli inefficaci; ma altresì per adottarli, a nostra volta, ove condizioni favorevoli di tempo e terreno lo consiglino. E pertanto i comandi di armata e della zona di Gorizia dispongano perché i metodi stessi trovino pratica applicazione, sia in speciali azioni simulate – durante i periodi di addestramento della truppa contemplati delle circolari 1700 del 22 gennaio e 2540 del 31 stesso mese, di questo comando – sia nelle operazioni, convenientemente armonizzando l’impiego dei militari arditi e degli elementi specializzati a seconda delle circostanze e dello scopo da raggiungere, senza, beninteso, addivenire a modificazioni di carattere organico nelle unità.”

Questa circolare fa evolvere l’Ardito da semplice qualifica per atti di valore compiuti durante il servizio in trincea a militare selezionato tra i migliori del proprio reparto e destinato ad un corso speciale al fine di apprendere tecniche d’assalto e colpo di mano contro posizioni fortificate, di lotta corpo a corpo e di impiego di varie tipologie di armi.

A distanza di pochi mesi prende piede l’idea di riunire i frequentatori di tali corsi speciali in reparti organici autonomi, alle dirette dipendenze di grandi unità, sancendo così una netta distinzione dalle Sturmtruppen avversarie.
Il 26 giugno 1917 il Generale Carlo Porro – Sottocapo di Stato Maggiore – invia una circolare riservatissima (n° 111660 di Protocollo R.S. con oggetto “Riparti d’assalto”) all’attenzione dei Comandi delle Armate 1^, 2^, 3^ , 4^ e 6^:

“Con riferimento a quanto ho già avuto occasione di far presente colla circolare N°6230 del 14 marzo 1917 (U.A.V.S.) e a complemento delle disposizioni date circa l’impiego dei militari arditi, presso ciascuna armata si dovrà costituire per cura dell’armata stessa, a datare dal 1° luglio p.v., uno speciale riparto d’assalto formato, per ora, da soli elementi volontari, tratti a preferenza dalle unità di bersaglieri dell’armata, coll’avvertenza che le sottrazioni all’uopo necessarie non vengano a danneggiare la compagine della singola unità, riducendo eccessivamente in talune di esse l’elemento che ora costituisce la parte più solida.”

Sempre la suddetta Circolare dà ai Comandi d’Armata precise informazioni in merito ai criteri di organizzazione, selezione e armamento di tali Reparti d’Assalto:

“Il riparto in parola, inizialmente di forza corrispondente almeno alla compagnia ed aumentabile in avvenire fino alla forza di un battaglione, dovrà far parte di uno dei reggimenti bersaglieri dell’armata ed essere considerato per ora in tutto, come una nuova unità di quel reggimento. Ad esso dovrà essere preposto un capitano anziano scelto fra coloro che per audacia, intelligenza, fermezza e ascendente sul soldato danno maggiore affidamento di poter imprimere nel riparto l’ardimento, l’avvedutezza e la disciplina indispensabili per condurre bene a termine le operazioni che gli saranno affidate, e quel numero di subalterni anch’essi volontari, che sarà mano a mano consigliato dall’aumento progressivo della forza del reparto stesso.
Il riparto sarà per cura di questo comando fornito di mitragliatrici Fiat, pistole mitragliatrici con sostegno Br. Bari, lancia torpedini Bettica, lancia bomba, lanciafiamme individuali e telefoni di pattuglia, nella quantità che progressivamente verrà a risultare opportuna, in proporzione alla forza e alle norme di impiego che saranno date da questo comando, e alle richieste che saranno qui fatte ed avrà i corrispondenti mezzi di trasporto, possibilmente meccanico.
L’armamento individuale comprenderà in massima un moschetto, un coltello e da 6 a 8 bombe a mano; inoltre ogni militare di truppa avrà una pinza taglia filo, un piccozzino e gli altri mezzi di equipaggiamento, e anche di vestiario, che l’esperienza potrà suggerire (…).”

La 2^ Armata del generale Capello si dimostra la più sollecita a mettere in pratica le richieste del Comando Supremo a causa dei risultati positivi ottenuti in azione dai plotoni speciali della brigata Lambro e della 48^ Divisione.


Pattuglia di Arditi Fiamme Nere con il tipico pugnale fra i denti | Cartolina originale a cura del pittore E.Cavalli

La Scuola degli Arditi

La scuola delle truppe d’assalto viene affidata al neopromosso tenente colonnello Giuseppe Bassi che sceglie come sede la zona collinare di Sdricca, sopra Manzano, un paese a metà strada tra Udine e Gorizia. Qui confluirono tutti i volontari della 2^ Armata, dando vita al I° Reparto d’Assalto, formato da una compagnia di bersaglieri e due compagnie di fanteria.
La scuola viene ufficialmente inaugurata il 29 luglio 1917 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III, del principe di Galles, del principe ereditario del Belgio, del generale Cadorna, del generale Capello, del comandante della 3^ Armata Emanuele Filiberto duca d’Aosta, di ufficiali italiani e stranieri addetti al Comando Supremo e di molti giornalisti.
Agli ordini del capitano Maggiorino Radicati da Primeglio la 1^ compagnia del reparto dimostra la nuova tecnica di combattimento con la presa della cosiddetta “collina tipo” e di una caverna con aggiramento, destando l’ammirazione di tutti i presenti.
Nei mesi successivi vengono formati altri cinque reparti, mentre numerosi ufficiali vengono inviati a Sdricca per apprendere le tecniche di addestramento degli Arditi e avviare a loro volta la creazione di Reparti d’Assalto presso le proprie armate.
Borgnano, piccolo borgo situato tra Medea e Cormons, a pochi chilometri dall’Isonzo, diventa l’equivalente di Sdricca di Manzano per la 3^ Armata.

L’Addestramento degli Arditi

L’addestramento dei nuovi Reparti d’Assalto – della durata di 2-4 settimane – è estremamente impegnativo e studiato fin nei minimi dettagli. Questo comprende sia attività individuali come esercizi ginnici, combattimenti corpo a corpo, prove di coraggio e prontezza di riflessi, sia azioni coordinate di gruppo con uso di bombe a mano sotto l’arco di fuoco di mitragliatrici e cannoni (non rari sono i feriti e – seppur in numero minore – i morti). La prova finale per conseguire il brevetto di Ardito è la fedele riproduzione di una vera operazione d’assalto a posizioni trincerate.
Agli Arditi – in cambio della decisione volontaria di affrontare tali rischi sia in addestramento che durante le reali operazioni di combattimento – vengono concessi vari privilegi: un migliore trattamento economico, licenze premio, rancio ricco ed abbondante, alloggiamenti comodi nelle retrovie, nessun servizio di trincea e di corvè.

L’Uniforme degli Arditi

Anche l’uniforme viene accuratamente studiata dal Bassi in modo da essere funzionale e distintiva. La giubba scelta è quella dei bersaglieri ciclisti, modello 1910, ma a “collo risvoltato e aperto” per permettere una migliore aerazione del corpo. Questa giubba sulla schiena presenta inoltre un’ampia tasca alla “cacciatora” per i petardi o le bombe a mano. Gli altri elementi del vestiario sono: maglione a girocollo in lana a coste o camicia grigio-verde in flanella con cravatta nera, pantaloni leggeri al ginocchio da alpino o bersagliere ciclista, fasce mollettiere (spesso sostituite dai più comodi calzettoni di lana a coste) e scarponcini modello 1912 sia per armi a piedi che per alpini con bullette sulla suola.



Tenente Carlo Sabatini (l’ardito con le fasce mollettiere nere) del V° Reparto d’Assalto (vecchio numerale III° Rep.Assalto) con l’aiutante di battaglia Giovanni Degli Espositi, Lorenzo Brancato e Francesco Cataldo. Gli eroi del Monte Corno | Foto originale tratta da “Diario di guerra 1915 -1919” di Carlo Sabatini, a cura di Roberto Roseano e famiglia Sabatini

Il Distintivo degli Arditi

Altro elemento caratteristico è il distintivo da braccio, cucito sulla manica sinistra a metà tra la spalla ed il gomito, adottato con la circolare n.455 del luglio 1917: un gladio romano, simbolo di onore e coraggio, con pomolo a testa di leone, simbolo di forza, o a testa d’aquila, simbolo del potere, iscritto tra un serto d’alloro a sinistra, simbolo di vittoria e una fronda di quercia a destra, simbolo di lealtà e forza. Il nodo Savoia lega i rami all’arma sulla cui guardia campeggia il motto sabaudo FERT. Di tale motto – comparso per la prima volta sul collare dell’Ordine del Collare, fondato nel 1364 da Amedeo VI di Savoia – sono incerti sia il significato sia l’origine.
Nel corso del tempo si sono sviluppate varie interpretazioni:

  • Per alcuni è l’acronimo latino di “Fortitudo Eius Rhodum Tenuit”ovvero “la sua forza preservò Rodi”, in riferimento a un episodio leggendario – ma privo di qualsivoglia base storica – riguardante Amedeo di Savoia.
  • Per altri è la terza persona singolare dell’indicativo presente del verbo latino fero. Nel significato esteso di “sopportare”in associazione al nodo Savoia che allude alla indissolubilità del legame del cavaliere alla sua dama, farebbe riferimento a una caratteristica dell’ordine cavalleresco e della monarchia sabauda.
  • Altra spiegazione è che si tratti dell’accorciamento dell’antica parola “Fertè”, che significa “Fortezza”.

Il distintivo è ricamato a macchina o a mano in canottiglia dorata per gli ufficiali, argentata per i sottoufficiali e in filo nero per la truppa. Lo sfondo è sempre in panno grigio-verde, ad eccezione di quello destinato all’uniforme da cerimonia, dove lo sfondo è nero.



Distintivo degli Arditi dei Reparti d’Assalto della Prima Guerra Mondiale 1915-1918

Le Fiamme Nere

Dal 16 agosto 1917 vengono introdotte le mostrine di colore nero a due punte, da cui il termine “Fiamme Nere” con cui vengono spesso indicati gli Arditi stessi. La scelta del nero è un omaggio del Bassi al patriota risorgimentale Pier Fortunato Calvi – suo bisnonno per parte di madre – solito indossare una cravatta nera, simbolo dei carbonari veneziani che hanno liberato Manin e proclamata nuovamente la Repubblica Veneta. Dopo aver combattuto gli austriaci in Cadore nel 1848, il Calvi viene impiccato a Mantova nel 1855 per aver capeggiato un altro tentativo di rivolta in quella zona.
Il nero non è stato l’unico colore degli Arditi, infatti vengono mantenute le mostrine cremisi nei reparti costituiti da Bersaglieri e verdi nei reparti Alpini.

Il Fez Nero

Nel libro “Misticismo eroico” di Luigi Emanuele Gianturco si trovano invece narrate le origini del fez nero, altro simbolo tipico degli Arditi. L’idea è del maggiore Domenico Ottanelli comandante dell’XI° Reparto d’Assalto alle dipendenze del generale Cattaneo. Durante una sosta nei dintorni di Villafranca di Verona, l’Ottanelli si procura dai magazzini di rifornimento di Mantova (deposito del 7° Bersaglieri di Brescia e dal reparto Bersaglieri di Verona) 1.200 fez cremisi. Decide però di volerli neri come il colore scelto per le truppe d’assalto.

“Un giorno che anch’io avevo fatto una scappata a Milano, tra i compagni di viaggio in treno c’era un industriale fiorentino col quale stavo appunto trattando l’argomento della tintura dei fez. La cifra occorrente, anche se modesta, oltrepassava il mio stipendio mensile, e francamente mi dispiaceva rimandar la cosa alle lunghe. Breve: l’industriale, preso dal mio entusiasmo, decise di tingerli gratis. L’abbracciai dalla gioia. Due Arditi scortarono a Firenze i sacchi dei berretti rossi e li riportarono neri.”

Superate le difficoltà di far accettare agli Arditi il nuovo copricapo, rimane il regolamento disciplinare che vieta l’alterazione del colore e della foggia militare. Tuttavia il 24 maggio 1918 il XII° Corpo d’Armata organizza una gara alla quale partecipano anche gli Arditi di Ottanelli con il loro nuovo fez nero. L’innovazione viene inizialmente accolta con diffidenza, ma a gara ultimata il capo di Stato Maggiore del Corpo d’Armata assieme al generale Cattaneo ne approvano l’uso purché limitato ai soli accantonamenti.
Con la costituzione della I^ Divisione d’Assalto il generale Zoppi – comandante della stessa – ufficializza e consacra a tutti gli effetti l’utilizzo del fez nero.

Le Armi degli Arditi

L’arma principale degli Arditi è il pugnale, adatto a colpire silenziosamente il nemico, meno ingombrante della baionetta ed ideale nei combattimenti corpo a corpo negli angusti spazi delle trincee. Questo può essere di tipo regolamentare oppure a “manico di lima”. Entrambi sono ottenuti dall’accorciamento e riutilizzo delle baionette del vecchio fucile Vetterli-Vitali – modello 1870 – ormai troppo lunghe per le nuove esigenze della guerra di trincea. Il pugnale ha una lunghezza complessiva di 28 cm, di cui 18 cm di lama. Gli Arditi non disdegnano inoltre di dotarsi anche di pugnali personali o sottratti al nemico.

L’altro armamento indissolubilmente legato agli Arditi è il petardo offensivo Thévenot di progettazione francese. Di forma cilindrica e del peso di 400 grammi, ha una detonazione molto rumorosa capace di stordire l’avversario. Le schegge hanno un raggio limitato a 5-10 metri e non sono letali. Questo permette agli Arditi di correre verso il punto dell’esplosione.

Per quanto riguarda le armi da fuoco, gli Arditi preferiscono armi leggere, automatiche e di dimensioni contenute. Il moschetto loro assegnato è il ’91 “Truppe Speciali” oppure il “Cavalleria”. Oltre a mitragliatrici e lanciafiamme, vengono dotati di pistole-mitragliatrici Villar-Perosa 9×19 mm Glisenti e le lancia torpedini Bettica, poi sostituite dai più moderni Stokes di fabbricazione inglese. Infine la pistola semiautomatica Beretta modello ’15 calibro 9 mm.

Simboli e Motti degli Arditi

Gli Arditi – caratterizzati da uno spiccato spirito di corpo – fanno propria una forte e ampia simbologia costituita da teschi con o senza tibie – a volte col pugnale tra i denti – quasi a voler sfatare la paura della morte, quasi ad irriderla.
Insieme a questa vi sono i motti, come il “Me ne frego”“A Noi” oppure “Messe” (grido di battaglia del IX° Reparto d’Assalto in onore del loro comandante Giovanni Messe) e le canzoni, con le quali usano annunciare il proprio passaggio. Oltre alla famosissima “Giovinezza”, un altro fra i più famosi stornelli recita così:

“Se non ci conoscete guardateci dall’alto,
noi siam le Fiamme Nere dei battaglion d’assalto!
Bombe a man e colpi di pugnal!
Se non ci conoscete guardateci i vestiti,
noi siam le Fiamme Nere dei battaglion arditi!
Bombe a man e colpi di pugnal!
Se vuoi trovar l’Arcangelo da fante travestito,
ricercalo a Manzano e troverai l’ardito!
Bombe a man e colpi di pugnal!
Se Pecori Giraldi vuol fare un’avanzata,
ricorrerà agli Arditi della seconda armata!
Bombe a man e colpi di pugnal!
Se non ci conoscete guardateci dai passi
noi siamo gli arditissimi del colonnello Bassi!”

Le Imprese degli Arditi

In poco più di un anno di vita i Reparti d’Assalto del Regio Esercito guadagnano un rispetto senza pari presso le truppe nemiche grazie alla determinazione e allo sprezzo del pericolo che dimostrano su tanti campi di battaglia del fronte italiano (ma anche su quello francese e macedone). Basti ricordare le loro imprese nei seguenti teatri di guerra: Carso, Bainsizza, San Gabriele, città di Udine, Monte Valbella, Col del Rosso e Col d’Echele, Monte Corno, Monte Grappa (Monte Pertica, Monte Asolone, Cà Tasson, Monfenera, Col del Cuc, Solaroli, Col Moschin, Col Fagheron, Col Fenilon, Col della Berretta), zona del Piave (Fagarè, Zenson, Fossalta, Fosso Palumbo, Monastier, Musile, Castaldia, Caposile, Grisolera, Cortellazzo), Giavera, Montello, Falzè, Moriago, Fontigo, Sernaglia, Vittorio Veneto.
Fondamentale il loro apporto nella Battaglia finale di Vittorio Veneto, quando aprono la strada alle fanterie.

In ogni loro battaglia si sono colmati di fama, gloria e ammirazione, ottenendo ben 3.487 riconoscimenti ufficiali suddivisi in:

  • 20 medaglie d’oro al valor militare
  • 471 medaglie d’argento al valor militare
  • 488 medaglie di bronzo al valor militare
  • 508 croci di guerra

Vengono decorate anche molte delle loro bandiere: oro al XXIII°, argento al II°, IX°, XVIII°, XXVII°, XXVIII°, LXXII°, 3° Gruppo Assalto (VIII° e XXII°), bronzo al VI°, XI°, X°, XXVI°, XXIX°, 1° Gruppo Assalto (X° e XX°) e 2° Gruppo Assalto (XII° e XIII°).
Notevole però anche il loro tributo di sangue. Si stimano oltre 3.000 caduti su un totale di circa 30-35mila unità complessive nell’intero periodo di guerra.

Gli Arditi generano al contempo ammirazione e terrore, poiché molte delle storie di cui sono protagonisti – a furia di essere rimaneggiate – finiscono con l’acquistare quella sorta di orrida bellezza che affascina le genti.
Non si diventava Ardito in base ad una selezione fisica, la selezione è puramente morale e si compie spontaneamente nell’atto stesso del “volontarismo”Si entra negli Arditi perché si è Arditi. Nei Reparti d’Assalto a fianco all’Ercole – capace di rovesciare una montagna – si trova l’adolescente mingherlino che sembra doversene volar via ad ogni alito di vento.
Proprio al fine di sottolineare e diffondere i valori fondanti di un soldato Ardito, nell’estate del 1918 il tenente generale Francesco Saverio Grazioli scrive il Decalogo dell’Ardito.

Fonti Bibliografiche

  • Mucelli Antonio: Luigi Freguglia – XXVII Battaglione d’Assalto – Gli eroi del Montello| Itinera Progetti (Ristampa dell’ed. del 1937, riveduta ed ampliata), Giugno 2017
  • Roberto Lorenzetti, La scienza del grano. Nazareno Strampelli e la granicoltura italiana dal periodo giolittiano al secondo dopoguerra, Pubblicazioni dell'Archivio di Stato, Saggi 58, Ufficio centrale per i beni archivistici, Ministero per i beni e le attività culturali, Roma, 2000
  • Antonio Saltini, I semi della civiltà: frumento, riso e mais nella storia delle società umane, prefazione di Luigi Bernabò Brea, Bologna, Avenue Media, 1996 Nuova edizione, La Nuova terra antica, 2010, Rivista I tempi della terra
  • Sergio Salvi, Viaggio nella genetica di Nazareno Strampelli, Tipografia S. Giuseppe, Pollenza (MC), 2008 (Volume fuori commercio, reperibile gratuitamente presso l'Autore)
  • Sergio Salvi, Quattro passi nella scienza di Nazareno Strampelli, Tipografia S. Giuseppe, Pollenza (MC), 2009 (Volume fuori commercio, reperibile gratuitamente presso l'Autore)
  • Benedetto Strampelli, Nazareno Strampelli come pioniere e scienziato nel campo genetico, Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura "Nazareno Strampelli", Stabilimenti tipografici "Carlo Colombo", Roma, 1944
  • Giuseppe Tallarico, Nazareno Strampelli, Colombo, 1942
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