Antonio Cascino
«Siate la valanga che sale!» gridava ai suoi uomini…
Questa confezione vuole essere un triplice segno di riconoscenza, a l’uomo di valore all’Eroe dimenticato, che andando oltre le proprie possibilità da la propria vita, pur di dare un senso al grande sacrificio dei propri soldati per il conseguimento della vittoria, al territorio che mi ha adottato lavorativamente e infine ad un amico i cui insegnamenti porterò sempre con me.
«Nobile figura di condottiero e di soldato, diede costante e mirabile esempio di ardimento e di valore alle truppe della sua divisione, recandosi a condividere con esse, sulle prime linee, tutte le vicende della lotta. Gravemente ferito da proiettile nemico, volle ancora mantenere il comando, finché ebbe assolto il suo compito della giornata, stoicamente sopportando il dolore della ferita, che poi lo condusse a morte.»
— Monte Santo, 15 settembre 1917
Cascino Antonino (Gen. nell’Esercito Italiano Medaglia d'oro al valor militare) è
nato a Piazza Armerina (Enna) il 14 sett. 1862 da Calogero, e Maria Grazia Franzone; fu allievo dell'Accademia militare di Torino, poi ufficiale d'artiglieria. Capitano nel 1890, frequentò la Scuola di guerra per ufficiali di Stato Maggiore, alternando poi il servizio al reggimento allo studio di problemi tecnici.
Ricordiamo la sua attività come insegnante di armi e tiro alla Scuola militare di Modena, la sua fitta collaborazione alle maggiori riviste militari nazionali e i suoi numerosi volumi sulle armi della fanteria, ma anche l'attenzione sempre desta per l'istruzione dei soldati, di cui abbiamo testimonianza attraverso pubblicazioni divulgative come il volumetto Pagine di storia d'Italia ad uso dei sottufficiali del 3° Reggimento artiglieria (Bologna 1902) e lo studio biografico Il generale Enrico Cosenz (in Riv. militare ital., XLVII [1902], pp. 1709-47). Promosso maggiore nel 1905, fu poi insegnante di armi, tiro e fortificazioni alla Scuola di guerra. Tenente colonnello nel 1911 e colonnello nella primavera 1915, comandò il. 3° reggimento di artiglieria pesante.
Nella prima fase della guerra mondiale fu destinato a comandare reparti del parco d'assedio, fino al maggio 1916, quando assunse il comando della brigata di fant. Avellino (regg. 231°-232°) di nuova costituzione col grado di colonnello brigadiere, subito tramutato in quello di maggior generale. Mise allora in rilievo doti di animatore ottenendo dai fanti della brigata (in maggioranza siciliani) dedizione, slancio e tenacia. La brigata Avellino, inquadrata nella 47ª divisione, fu destinata ad appoggiare l'offensiva italiana contro la testa di ponte di Gorizia nell'agosto 1916. Entrò in linea la notte tra il 7 e l'8 agosto sul Grafenberg, ebbe ragione dell'ultima resistenza austriaca e passò l'Isonzo la notte seguente, entrando in Gorizia con i primi reparti italiani (il Gen. Cascino ebbe il vanto di essere il primo generale a metter piede nella città). Subito dopo la brigata fu avviata contro le nuove linee austriache al di là di Gorizia e si dissanguò in vani attacchi sul monte San Marco tra il 10 e il 16 agosto. Fu poi inviata a presidiare la tristemente nota testa di ponte di Plava (settembre-ottobre 1916), quindi nuovamente a logorarsi sul San Marco, dove dovette subire il 14 novembre un vigoroso contrattacco austriaco, arrestato dopo tre giorni di lotta durissima. In pochi mesi la brigata aveva perso 56 ufficiali e 2.926 uomini, su circa 6.000.
Dal dicembre 1916 all'aprile 1917 la brigata Avellino, ricostituita con i complementi affluiti dall'interno, fu ancora a Plava. La 60ª divisione, di cui faceva ora parte, era destinata all'attacco del Vodice nell'offensiva di primavera; e il Gen. Cascino la preparò con cura estrema, occupandosi del morale dei suoi uomini e familiarizzando gli ufficiali con un plastico della zona. Il 14 maggio 1917 la brigata mosse all'attacco con il 231° reggimento dalla testa di ponte di Plava e il 232° su una passerella gettata sull'Isonzo; progredì lentamente sulle pendici del Vodice sotto un terribile fuoco di sbarramento e concorse potentemente alla conquista del caposaldo nemico. Nei pochi giorni in cui fu impegnata sul Vodice la brigata perse 115 ufficiali e 2.331 uomini; lo stesso Gen. Cascino fu lievemente ferito a un braccio mentre guidava l'azione delle sue truppe; venne decorato con una medaglia d'argento.
Dopo la battaglia il Gen. Cascino fu promosso tenente generale ed ebbe il comando dell'8ª divisione, che comprendeva la sua vecchia brigata Avellino e la Forlì. Il brillante comportamento delle sue truppe nella battaglia di maggio gli valse un compito di punta in quella in preparazione per agosto. Il suo obiettivo era il Monte Santo, le cui pendici la 8ª divisione presidiò da giugno ad agosto; e ancora una volta il Gen. Cascino curò una preparazione morale e tecnica accuratissima, incitando i suoi uomini a raggiungere l'obiettivo come "una valanga che sale" al canto dell'inno di Mameli.
Il disperato valore dei fanti dell'8ª divisione non bastò però a piegare la resistenza austriaca: il 19 agosto 1917 sei colonne della brigata Avellino e cinque della Forli furono respinte dal Monte Santo con altissime perdite. Il Gen. Cascino riportò i suoi all'assalto il giorno seguente, senza risultati immediati; ma nei giorni seguenti il cedimento di tutto il fronte austriaco sulla Bainsizza concesse agli italiani la conquista del Monte Santo.
Restava il monte San Gabriele: e l'8ª divisione fu inviata a dissanguarsi ulteriormente contro il nuovo obiettivo. Ammirato dal valore del Gen. Cascino, Arturo Toscanini raggiunse il Monte Santo e diresse una banda militare, che suonò dal 25 al 29 agosto 1917 inni e canzoni patriottiche in faccia agli austriaci. Il 15 settembre, mentre il Gen. Cascino dirigeva l'offensiva dal suo posto di comando, troppo esposto, fu ferito alla coscia da una scheggia di granata; la ferita, trascurata fino a sera, si rivelò ormai grave per il sopraggiungere dell'infezione, tanto che il Gen. Cascino morì il 29 sett. 1917 nell'ospedale di Quisca. Di lui viene ricordata la frase «Siate la valanga che sale!», diretta ai suoi soldati che si accingevano all'impresa che lui stesso volle guidare, e che è riportata nel monumento eretto nella sua cittadina natale, nella piazza che porta il suo nome.
Le sue spoglie riposano nella Chiesa di San Domenico, il Pantheon di Palermo.
Abile divulgatore scrisse diversi libri, tra questi spiccano:
Armi da fuoco portatili, Roma 1897;
La celerità del tiro e il munizionamento della fanteria, Modena 1899;
Il tiro, gli esplosivi e le armi della fanteria, Bologna 1901;
Il concetto di efficacia nel tiro di fucileria, Roma 1910;
Note sul tiro di fucileria, ibid. 1913.
Alla sua memoria sono state dedicate:
- Il nome a Borgo Cascino, un borgo a 12 km da Enna.
- Un monumento nella piazza centrale della sua città natale, Piazza Armerina.
- A lui è dedicata una via di Gorizia
- A lui è dedicata anche la caserma in cui ha sede il 13º Reggimento Carabinieri FVG.
Bibliografia:
- Tondi, Fanti di Avellino, Siena 1923, passim;
- Tosti, A. GENERALE CASCINODiscorso tenuto a Piazza Armerina il 29 sett. 1939, Urbino 1939;
- Storia dell'artiglieria ital., a cura di GENERALE CASCINO Montù, VIII, Roma 1941, pp. 2639 s.;
- Enciclop. militare, ad vocem.
- Claudio Gattera, Il Pasubio e la strada delle 52 gallerie, Valdagno, Gino Rossato Editore, 2007.
- Giovanni Cecini, Generali in trincea, Roma, Chillemi Editore, 2017.
- Giorgio Rochat - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)